Referendum 8-9 Giugno 2025 su lavoro e cittadinanza in Campania: Affluenza, Quesiti e Analisi Politica

L’8 e il 9 giugno 2025 si sono svolti in Italia cinque referendum abrogativi, proposti con l’intento di modificare alcune leggi in materia di lavoro, cittadinanza e diritti civili.

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In Campania, come nel resto del Paese, la partecipazione al voto è stata sorprendentemente bassa, al punto da mettere in discussione la validità della consultazione stessa per mancato raggiungimento del quorum. Nonostante la posta in gioco, il referendum ha vissuto un silenzio mediatico che ha inciso profondamente sulla consapevolezza degli elettori.

I cinque quesiti: cosa chiedevano gli italiani

I quesiti referendari su cui i cittadini campani (e italiani) erano chiamati a esprimersi riguardavano ambiti cruciali della vita politica e sociale:

  1. Abolizione del contratto a tutele crescenti: si proponeva il ritorno alla vecchia normativa sui licenziamenti, abrogando la legge del Jobs Act.

  2. Indennità per licenziamento nelle piccole imprese: il quesito chiedeva di rimuovere il tetto massimo per l’indennizzo nei licenziamenti illegittimi nelle aziende con meno di 15 dipendenti.

  3. Contratti a termine: si proponeva di reintrodurre l’obbligo di causale nei contratti a tempo determinato inferiori a 12 mesi.

  4. Responsabilità solidale negli appalti: il referendum chiedeva di ripristinare la responsabilità solidale tra committente e appaltatore in caso di violazioni su salari, contributi e sicurezza sul lavoro.

  5. Cittadinanza per stranieri: si puntava a dimezzare, da 10 a 5 anni, il periodo minimo di residenza per richiedere la cittadinanza italiana.

Affluenza in Campania: dati e riflessioni

Secondo i dati pubblicati in tempo reale dal portale ufficiale del Ministero dell’Interno, l’affluenza in Campania è rimasta abbondantemente sotto il 30%, con picchi leggermente superiori nei comuni capoluogo, ma comunque lontani dalla soglia minima del 50% + 1 richiesta per la validità dei referendum. Napoli, pur avendo registrato la maggiore partecipazione regionale, ha raggiunto appena il 32%, seguita da Salerno (28%) e Avellino (25%).

Il dato risulta in linea con la tendenza nazionale, che ha visto un progressivo disinteresse verso lo strumento referendario, spesso penalizzato da una comunicazione inefficace e dalla scarsa copertura giornalistica.

Il silenzio dei media e il ruolo della politica

Il tema della scarsa affluenza è stato sollevato anche da diversi esponenti politici, da Elly Schlein (PD) a Giuseppe Conte (M5S), che hanno criticato la mancata informazione sui quesiti. Le forze promotrici, prevalentemente della sinistra radicale e dei sindacati, hanno lamentato un boicottaggio mediatico che ha contribuito all’apatia generale.

La Campania, storicamente attenta alle dinamiche sociali e del lavoro, ha comunque mostrato segnali di risposta civica, sebbene insufficienti a garantire la validità della consultazione. È interessante notare come nei quartieri popolari di Napoli e nelle aree interne della regione si siano registrate le percentuali più alte di voto favorevole ai quesiti, segno di una sensibilità diffusa verso i temi del lavoro e della cittadinanza.

Il referendum dell’8 e 9 giugno 2025, in Campania come nel resto d’Italia, si è rivelato un appuntamento mancato con la partecipazione democratica. La scarsa affluenza rappresenta un segnale di allarme per la qualità del dibattito pubblico e l’efficacia degli strumenti di partecipazione diretta. I cittadini campani hanno mostrato interesse per i temi proposti, ma non abbastanza da superare la barriera dell’astensione.

Ora resta da chiedersi: è solo colpa dei cittadini o è il sistema che non riesce più a coinvolgerli?

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